La lotta del principe primato per la libertá
Come conseguenza del suo atteggiamento a favore degli ebrei e del memorandum audace, il 27 novembre 1944 le Croci frecciate arrestarono il vescovo Mindszenty. Fino alla sua liberazione il 1 aprile 1945 fu detenuto a Veszprém, Sopronkőhida e Sopron, insieme ai suoi colleghi diretti e ai seminaristi che erano stati arrestati con lui per averlo difeso. Quando Mindszenty fu liberato, la Seconda guerra mondiale era già finita. Dopo i tedeschi, l'Ungheria fu occupata dall'esercito sovietico. Entrambe le occupazioni causarono una barbara distruzione.
Quando divenne chiaro che l'Europa centrale sarebbe finita sotto la sfera d'influenza dell'Unione sovietica, Papa Pio XII, pensando ai 70 milioni di fedeli cattolici di quei paesi, cercò di nominare vescovi che avevano resistito all'occupazione tedesca e al nazionalsocialismo. La loro persona garantiva che sarebbero rimasti fedeli alla Chiesa anche durante la dittatura e la persecuzione comuniste della Chiesa e che avrebbero difeso fermamente la comunità dei fedeli. Questi aspetti portarono alla nomina dell'arcivescovo di Praga Josef Beran, del primate polacco Stefan Wyszyński e del principe primate József Mindszenty.
Il 2 ottobre 1945 Papa Pio XII nominò József Mindszenty il 79o arcivescovo di Esztergom e principe primate d'Ungheria. Durante la storia millenaria del Paese, diversi titoli, diritti e doveri erano stati associati a questa carica. Nel suo discorso di insediamento, pronunciato il 7 ottobre 1945, disse quanto segue: «Voglio essere un buon pastore, che, se necessario, dà la vita per il proprio gregge, per la propria Chiesa, per la propria Patria. Sarò volentieri la coscienza del popolo. Richiamerò a nuova vita le sue sante tradizioni, senza le quali alcune persone possono, ma il popolo non può vivere.»
In quanto primate del Paese considerava suo compito principale quello di mitigare le sofferenze causate dalla guerra, perciò fece tutto il possibile per chiedere aiuto attivo sia ai fedeli stranieri che agli ungheresi viventi nel Paese. Era sempre il primo a risolvere i problemi d'alimentazione nel paese. Il 18 febbraio 1946 Pio XII lo creò cardinale. Tale nomina aumentò il suo prestigio internazionale, che favorì la sua attività benefica.
Il governo – che sotto l'influenza sovietica perseguiva obiettivi comunisti – conduceva una campagna premeditata e pianificata contro la libertà religiosa, l'autorità della Chiesa e il suo ruolo nella vita pubblica già a partire dal 1945. Prima delle elezioni parlamentari József Mindszenty e gli altri vescovi pubblicarono una lettera circolare nella quale sottolinearono gli aspetti morali delle elezioni, con l'obiettivo di proteggere i valori cristiani e nazionali. Vedendo il deterioramento progressivo delle condizioni sociali del Paese, József Mindszenty propose un referendum per cambiare la forma di stato, inoltre criticò il terrore scatenato dalla polizia politica.
Il cardinale considerò suo compito principale il rafforzamento della vita di pietà, l'assistenza alle scuole religiose e alle organizzazioni comunali, la difesa dei valori nazionali ungheresi. Diede molta importanza al compito di assicurare l'indipendenza finanziaria completa della Chiesa cattolica ungherese e di ridurre il controllo malefico dello Stato. Una delle sue iniziative pastorali più significative fu l'anno di espiazione che proclamò nel 1947 e 1948 in onore della Madonna.
Nel 1945, a nome della conferenza episcopale, chiese alla Commissione alleata di controllo di lasciar tornare a casa i prigionieri di guerra ungheresi. Sollecitò i sacerdoti a fornire assistenza pastorale speciale agli internati e a prestare aiuto alle famiglie dei perseguitati. Soleva dire: «Lottiamo per la democrazia, ma senza perdere di vista l'uomo stesso!» Il cardinale fu, praticamente, l'unica persona a protestare contro le misure che colpirono gli abitanti di lingua tedesca in modo collettivo. Avvertì le autorità che sarebbe stato meglio non commettere, in Ungheria, degli atti che avrebbero portato ad altrettante ingiustizie contro gli ungheresi fuori del Paese.