Il vescovo in protesta
Nel 1942 l'abate Pehm decise di cambiare il suo nome per uno che suonasse più ungherese, protestando così contro la propaganda tedesca che intendeva dimostrare che l'Ungheria era abitata, in gran parte, da gente tedesca basandosi sulla predominanza nel territorio di cognomi di origine tedesca.
Nel 1937 Papa Pio XI lo nominò prelato papale, così acquisì l'idoneità a essere nominato vescovo. Il 5 marzo 1944 Papa Pio XII lo nominò vescovo di Veszprém.
Nel giugno del 1944 il governo di Sztójay ordinò il confinamento degli ebrei ungheresi in ghetti. József Mindszenty pretese che la Conferenza Episcopale prendesse una posizione ferma contro questa misura. In seguito, quando nonostante tutti i suoi sforzi anche gli ebrei di Veszprém furono deportati, il vescovo Mindszenty proibì la celebrazione della messa di ringraziamento che i dirigenti della città, appartenenti alle Croci Frecciate, avevano chiesto per l'occasione.
Il 31 ottobre 1944 presentò al governo delle Croci frecciate il memorandum dei vescovi dell'Ungheria occidentale, chiedendo la cessazione dei combattimenti: «Avevo in mente di far convocare la Camera Alta a Budapest per organizzare una resistenza sui due fronti. Però in città non trovai più alcun vescovo e i membri civili di quel consesso erano troppo spaventati perché in quei giorni il terrore nazista e delle Croci frecciate aveva raggiunto il culmine. Il vescovo Apor era d'accordo con me che ci fossero poche speranze di venire ascoltati dai fanatici capi delle Croci frecciate. Tuttavia per proteggere i nostri fedeli fino al limite del possibile e per non venire meno alla nostra responsabilità verso la Patria e verso la Chiesa, credette che fosse necessario fare anche questo tentativo. Portai personalmente a Budapest il documento redatto dai quattro vescovi.»